giovedì 21 ottobre 2010

Giulia e Romolo

Era determinata: questa fu la prima impressione. In maniera imprecisa, corressi subito il tiro.
Le confezioni fioccavano nel carrello a ripetizione. Però subito prevaleva in lei il ripensamento, annunciato da un vezzo di cui non era probabilmente consapevole. Con una mossa veloce del dito indice riportava un’inesistente ciocca ribelle dietro l’orecchio. Poi, con la stessa mano aperta, si pettinava all’indietro, a piccoli scatti.
Quando una donna intende dare un taglio alla propria vita, notai, inizia solitamente dai capelli, la parte più volatile del suo essere. Si badi bene: non avevo alcun indizio che la ragazza del supermercato volesse apportare il minimo mutamento nella sua esistenza.
Certo, il nostro matrimonio non era il paradiso in terra. Giulia mi accusava di essere un poveraccio, di non saper nemmeno far fruttare la laurea in filosofia. E poi la mia gelosia la soffocava, così diceva. Ma una furiosa litigata aveva sempre appianato ogni divergenza. L’attrazione fisica colmava le restanti incomprensioni. Era successo anche la sera prima.
Seguire i movimenti di Giulia dalla telecamera della postazione di sorveglianza era il mio modo segreto di amarla. Quel pomeriggio pensava fossi ad allenarmi, come accadeva tutti i lunedì, e quindi spiarla mi eccitava ancora di più, sapendo che lei non lo sospettava affatto.
Giulia si toccava i capelli e partiva con la danza dell’indecisione: la mano che saettava nel carrello, l’estrazione chirurgica dell’intruso – un vaso di cetrioli, stavolta – e lo sguardo che trapassava gli altri clienti fino a individuare il punto esatto dello scaffale nel quale riporre l’oggetto scartato. Mi ricordava il fare e disfare della tela di Penelope. Forse Giulia era svogliata o, semplicemente, in preda al suo solito nervosismo.
Ero assorto nel sezionare mia moglie come fosse l’insetto inerme sotto un potente microscopio, quando la sirena dell’allarme mi lacerò le orecchie. Scattai in piedi per istinto e corsi fuori dal mio ufficio, verso le corsie del supermercato.
Una figura imponente mi si parò innanzi: pareva un guerriero di quelli che a scuola mettono nelle pagine dedicate a Shakespeare. Aveva l’elmo piumato, un’armatura metallica cesellata di fino e sul volto si notavano solo i giganteschi baffi spioventi e il folto pizzo nero. Una maschera. Niente di strano, era Carnevale.
Da sotto la corazza, anziché la spada, il guerriero estrasse però una pistola, molto poco cinquecentesca e per di più priva del tappo rosso. Me la puntò al petto da un paio di metri di distanza. Cercai con gli occhi mia moglie: se quella era una rapina, dovevo proteggere l’unica donna che avessi mai amato.
Come evocata, Giulia comparve al mio fianco. In mano teneva ancora il vaso maxi dei cetrioli. Le feci cenno di scostarsi dalla linea di tiro. Mi mossi lentamente, perché il guerriero non pensasse che volevo dare inizio a una sparatoria.
Pur nella tensione del momento, ebbi la freddezza di rilevare il silenzio che aveva zittito perfino la radio del supermercato, i clienti del tardo pomeriggio invernale immobilizzati come statuine sullo sfondo del presepio, la fastidiosa luce dei neon ad allontanare il buio che filtrava dalle vetrate dietro le casse.
Al corso mi avevano insegnato che reagire era la cosa peggiore: non sai mai con chi hai a che fare; questo magari era una balordo e si sarebbe accontentato di qualche banconota per andarsene. Bastava solo parlargli con calma.
Ma, prima che potessi dire una parola, Giulia agì. Scagliò i sottaceti addosso al guerriero, il quale preso alla sprovvista lasciò cadere la pistola a terra. Mia moglie, raccogliendo l’arma, urlò Sei un deficiente, cosa aspetti?, cui fece eco un Ma tesoro… che non era uscito dalla mia bocca.
Ciò che accadde dopo è cronaca. Giulia, esibendo una voce metallica che non le conoscevo, intimò al cavaliere di prelevare l’incasso. Poi mi guardò sprezzante: Tu non sai cos’è l’amore. Il dolore pungente delle sue parole fu mitigato dal calore che iniziò a diffondersi nel mio corpo. Lo sparo, quello no che non l’avevo sentito.

Alessandro Zaltron


Alessandro Zaltron. Scrittore di cronache sentimentali, giornalista gentiluomo. Ha pubblicato vari libri, fra cui Bestiario di auguri di fine millennio (1999, Millennium, con Cristiano Seganfreddo), Riceviamo e volentieri (2007, Foschi), Piccole memorie dalla Grande guerra (2008, Canova, con i fotografi Loris Menegazzi, Colin Dutton, Arcangelo Piai e Giovanni Simeone), Treviso 101 (2010, Sime Books).
www.alessandrozaltron.com

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