"Villa da Porto? E dov'è Villa da Porto? Dio, dove mi mandano adesso?"
In agenzia mi hanno appena detto che a Montorso Vicentino vogliono mettere su un ufficio stampa. Comunicati, rapporti con i giornalisti, solita roba insomma.
Bello, penso.
Ci dovresti andare questo fine settimana, mi precisano.
Poco male. Quei soldi mi servono. E Gianna? Quella dell'altra sera? Chi l'ha più sentita?
Sabato mattina. Un freddo della madonna. Piove.
Davanti alle scalinate che portano all'entrata principale della villa dipinta di giallo, mi aspettano una signora di mezz'età e una ragazza.
Lei (si presenta, è del Comune) mi stringe subito la mano e si dirige verso le grandi scalinate.
Sbracciandosi indica il portico, le colonne, le statue. Cerco di seguirla e di prendere qualche appunto mentale, ma avverto la silenziosa presenza alle mie spalle che sale le scale a qualche passo da me. Con la borsa a tracolla, un cappotto nero e i capelli stretti in una crocchia dietro la nuca, la ragazza non ha mai parlato.
Mi concentro sulla vivace addetta del Comune e sul suo progredire di parole. Progetti, concorsi, workshop di scrittura...vogliono organizzare perfino un ballo in maschera!
"Sapete...Giulietta e Romeo! Conoscete la storia? Lei ama lui, lui ama lei, poi la tragedia, il sangue! E sapete dove è nata quella storia? Qui, qui è nata! Venite, venite a vedere!".
Arrivati in cima oltrepassiamo quella che doveva essere un tempo l'entrata principale, adesso tappata da spesse porte di legno. La sala è fredda, umida, il soffitto almeno tre piani, su un lato il ritratto d'epoca di un uomo con l'armatura.
"Eccolo, Luigi da Porto! Era un signore sapete, ed è lui, lui che scrisse Giulietta e Romeo! Che notizia vero? Scriva, scriva! Questo dobbiamo dirlo sui giornali!".
Con la coda dell'occhio cerco di rintracciare la ragazza. È davanti al ritratto, e di tanto in tanto alza la testa verso l'alto, forse per cercare l'ispirazione. Poi scrive velocemente.
Mi ricorda una di quelle signore di paese che ai funerali si stringono in abiti scuri e avvolgono la testa in poveri veli, come la vecchia usanza vuole.
A lei manca solo il velo. Quel cappotto nero le dà un'aria così malinconica. Quanti anni avrà? 25? 26? Forse di più.
Tento l'approccio.
"Allora" inizio con l'imbarazzo di un adolescente "Giulietta e Romeo eh? Chi l'avrebbe detto..."
Abbozzo un sorriso. Il suo sguardo, sempre rivolto al quadernino, mi colpisce dritto in faccia. Non c'è ostilità, né scherno. Cos'è allora? Stupore?
"Sì, chi l'avrebbe detto..."
Cala di nuovo il silenzio. Il lamento di un colombo riempie la stanza. Dio, questo posto mette i brividi.
Tento di nuovo.
"Ettore, comunque, piacere".
Lei estrae una mano da una manica del cappotto. "Claudia".
"Sei qui anche tu per lavoro? Lavori per un'agenzia?"
"No, sono una studentessa. Arte, studio arte. Villa da Porto...sai, la faccio come tesi".
"Ah..interessante!"
"Già..."
Il silenzio ripiomba di nuovo. Dio sono un completo disastro!
Cerco nella memoria qualche reminiscenza dal liceo, com'erano le colonne? Ionico, dorico e...? ma Claudia si guarda ancora un po' attorno, scrive qualcosa. Poi si gira, borbotta un "Ciao allora" poco convinto e se ne va.
Il mattino dopo Claudia è già davanti all'entrata che aspetta. Il cappotto è lo stesso, il maglione anche.
Teresa (questo il nome dell'addetta del Comune) ci apre la porta. Nella sala c'è un lungo tavolo, spine elettriche e diffusori di calore che ieri non c'erano.
Potete lavorare qui, ci dice Teresa prima di schizzare via.
Accomodatasi su una sedia, Claudia comincia subito a picchiettare forte i tasti sulla tastiera del tuo portatile.
Io provo a concentrarmi sul mio comunicato stampa, ma mi scopro a spiare lo schermo dove lei ogni tanto solleva lo sguardo. In alto lampeggia quello che penso essere il titolo della tesi: "VILLA DA PORTO: LA GENESI SEGRETA DI ROMEO E GIULIETTA".
Non riesco a starmene zitto.
"Ah Romeo e Giulietta. Sei una romantica allora".
Voleva essere una battuta, ma mi suona come un insulto. È un attimo, infatti, e subito mi accordo del gelo che c'è nei suoi occhi. Se potesse mi insulterebbe, non lo fa per cortesia.
"In realtà è l'argomento che piaceva di più al mio relatore".
Non so perchè, ma insisto di nuovo.
"Non ti piace Shakespeare?".
"Sì, ma fosse per me avrei portato l'Enrico VIII. Sovrani, palazzi, niente sospiri, nessuna questione di cuore..."
"Ma anche nell'Enrico VIII ci sono intrigo, passione...in fondo tutte le storie parlano d'amore...di che cosa parliamo se non di quello?"
"Ah guarda, abbiamo un romantico d'altri tempo...chi l'avrebbe detto". Una risposta secca, un'altro sguardo raggelante, poi torna a battere sulla tastiera.
Chiuso il discorso.
Mentre penso alla figura da idiota che ho appena incassato, mi trovo a fissare la sua nuca, lì appena al di sotto dell'attaccatura dei capelli. All'inizio penso sia l'effetto delle luci soffuse, ma poi mi rendo che è la sua pelle, più scura, segnata. Un livido. Che da dietro sparisce nel collo del maglione ma senza nascondersi del tutto.
Lei si gira di scatto.
Io pieno di vergogna distolgo gli occhi. Ma non abbastanza velocemente.
"Non è stato nessuno" dice lei, per giustificare più se stessa che qualcun altro.
"Sì certo..."
"È solo che non mi piacciono le storie d'amore, tutto qua..."
"Ma sì, chiaro..."
"L'amore non ti può piacere o non piacere, giusto? È come il cibo, lo devi assaggiare. Gli altri possono raccontarti per ore di quanto buono sia il cioccolato fuso sopra la panna cotta, ma se hai mai l'occasione di assaggiarla, resterà il dolce più buono del mondo, ma solo per gli altri...e poi te l'ho detto, non potevo dire di no al mio relatore..."
Volevo balbettare qualcosa, ma ero bloccato. Cosa si fa in queste situazioni? Si dice "mi dispiace"? Ma mi dispiace per cosa, poi? Lei per me è quasi una sconosciuta.
Raccolgo i miei fogli e faccio per alzarmi.
"Sai" mi dice lei fermandomi "Dopo, mi ha chiesto di sposarlo".
Per la prima volta, la guardo dritto negli occhi.
"E tu?"
Esita un attimo. "Non lo so"
Non mi muovo, il cuore mi pulsa nelle tempie.
Lei si stringe nelle spalle.
"In fondo ho solo 21 anni..."
"Già..."
Allora appoggio i fogli sul tavolo e la guardo di nuovo.
"Senti" le dico "Ti andrebbe un caffè?"
La sento respirare profondamente.
"Sì, sì..perchè no?"
E per la prima volta da quando l'ho vista ieri nel parcheggio, sorride.
Valeria Tonella
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