C'era una volta Luigino, che non si lavava mai.
Aveva passato tutta l'età adulta a spalar trincee piene di gente sudata nelle Ardenne, a cospargersi di merda di bufalo per confondere Charlie sulle rive del Mekong, a sguazzare nel fango sanguinolento di Waterloo, tra i residui petroliferi a Bassora in fiamme.
Capirete anche voi che in questo modo Luigino ammassò un'enorme fortuna. Non sapendo come amministrarla da lontano, pensò bene di investire negli immobili. Si fece costruire una villa enorme, in mezzo alle casette sperdute del paesello natìo. Una cosa esagerata, davvero, ma proprio gigantesca, sproporzionata. D'altra parte aveva veramente guadagnato tanto, ad avanzare in mezzo al guano dei pipistrelli nelle caverne di Tora Bora.
Ora, Luigino s'era imbarcato nelle sue avventure perché, oltre ad essere molto portato per l'omicidio, aveva inguaiato una ragazzina, tale Giulietta. Si sarebbe chiamata Giulia, ma tutti la chiamavano "la Giulietta" perché era tutta timida, secca come un chiodo e aveva la pellagra.
Dovette sposarla. Il giorno dopo, quando lui partì, le disse "Stammi bene".
Quando tornò era già decrepito, provato dalle fatiche d'ammazzare e far bagordi nelle migliori piazzeforti d'ogni reame.
A lei, per tutti quegli anni, era rimasta solo la villa. "Che me ne faccio di tutte queste stanze?" si era detta. "Tanto più che non so neanche come passare il tempo: il figliolo m'è morto neonato, e il marito è a seviziar sconosciute a Srebrenica". E in campagna, ovviamente, non succedeva mai nulla.
In quattro e quattr'otto, andò a chiamare una decina di amiche e trasformò la villa in un bordello - il più grande della regione. Finalmente Giulietta, diventando un'imprenditrice di sé stessa, prosperò. Ora era bella in carne.
E ora Luigino tornava, annunciato in tutte le direzioni dalla sua puzza caratteristica, maturata a seguito della sua lunga carriera. Se ne veniva per la strada del ritorno con tutto il suo arsenale di armi, e anche due o tre bagagli. Ma proprio l'essenziale: giusto una mutanda di ricambio color giallo paglierino, un cotton fioc e lo scalpo di un tenente nordista. Si avvicinava e cominciava a vedere sull'orizzonte le colossali statue d'imitazione greco-romana sul tetto del suo progetto di vita, che per la prima volta avrebbe visto realizzato.
ma quando vide brillare una scritta al neon blu e rosa che diceva: "Venus Night" s'insospettì un poco.
Da parte sua Giulietta sentiva un olezzo vagamente familiare crescere costantemente. Sulle prime pensò ad una perversione un po' più particolare di qualche suo cliente.
Ma quando la puzza fu veramente insopportabile, tanto da far uscire dalle stanze impiegate e clienti tutti mezzi nudi, tanto da farli radunare intorno alla padrona nel salone d'ingresso domandandole salvezza da quella piaga tremenda, Luigino entrò.
Due puttane e tre clienti svennero sul colpo. Uno, più anziano, si accasciò rantolando e morì. Scompiglio generale, una moltitudine ignuda, che strillava e si dibatteva, con al centro Giulietta, che lo guardava con la morte negli occhi. E com'era solito fare in situazioni di panico, Luigino mise mano alla sciabola e al kalashnikov in men che non si dica.
Ma prima di far fuoco gli successe di guardare Giulietta negli occhi, forse per la prima volta. E per la prima volta nella sua vita s'innamorò.
Luigino scappò via come il vento. Andò a farsi un bagno e scrisse una storia d'amore.
Iacopo Seri
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